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27 Giugno 2025Il Data Protection Officer (DPO), o Responsabile della Protezione dei Dati, è una figura chiave prevista dal GDPR. È tra le più citate — ma anche tra le più fraintese — nel panorama della privacy aziendale.
C’è chi crede che basti un legale, chi lo confonde con un consulente esterno o con l’IT manager e chi lo nomina “per precauzione” senza capirne il reale ruolo.
Il risultato? Nomine inadeguate, responsabilità mal distribuite e — nei casi peggiori — esposizione a sanzioni.
In questo articolo facciamo chiarezza: vedremo chi è davvero un DPO, quando è obbligatorio nominarlo, in cosa si distingue da altre figure e quali benefici porta, anche quando non è richiesto dalla legge.
Chi è il DPO e cosa fa (realmente)
Il Data Protection Officer, o Responsabile della Protezione dei Dati, è una figura prevista dagli articoli 37-39 del GDPR. I suoi obblighi, secondo il GDPR, includono funzioni di sorveglianza, consulenza e coordinamento.
È il garante interno che aiuta l’organizzazione a muoversi nel rispetto delle regole, a prevenire rischi e a migliorare la gestione dei dati nel tempo.
Pensalo come una sorta di “auditore permanente della privacy”, capace di segnalare criticità, proporre soluzioni e interfacciarsi direttamente con il Garante o con gli utenti.
Le sue principali funzioni includono:
- Informare e consigliare il titolare o il responsabile del trattamento sui propri obblighi normativi.
- Sorvegliare che vengano rispettati il GDPR e le disposizioni nazionali collegate (anche nelle attività quotidiane).
- Supportare la realizzazione di DPIA (valutazioni d’impatto sulla protezione dei dati).
- Agire come punto di contatto tra l’organizzazione e l’Autorità Garante.
- Essere il riferimento anche per gli interessati (clienti, utenti, cittadini) che vogliono esercitare i propri diritti.
Il ruolo del DPO in azienda è quello di affiancare, vigilare e consigliare, garantendo che i trattamenti avvengano in conformità con le norme, senza conflitti di interesse.
Cosa non fa il DPO?
- Non decide come trattare i dati.
- Non ha poteri esecutivi o disciplinari.
- Non gestisce la sicurezza informatica o i consensi al posto dei referenti operativi.
Attenzione: il DPO non è responsabile diretto dei trattamenti svolti.
Questa responsabilità resta sempre in capo al titolare del trattamento. Il suo compito è invece garantire che le decisioni vengano prese in modo consapevole, informato e documentato.
Quando è obbligatorio nominare un DPO
Il GDPR è molto chiaro nel definire i casi in cui la nomina del DPO è obbligatoria (art. 37).
L’obiettivo del legislatore è stato quello di introdurre una figura capace di prevenire i rischi legati al trattamento dei dati, soprattutto quando questi sono frequenti, su larga scala, o particolarmente delicati.

1. Pubbliche Amministrazioni o enti pubblici
Tutte le autorità pubbliche e gli enti pubblici (esclusi i tribunali nell’esercizio delle loro funzioni giurisdizionali) sono obbligati a nominare un DPO.
Questo include Comuni, Regioni, ministeri, aziende sanitarie pubbliche, università, enti di ricerca e così via.
Esempio: un piccolo Comune o una scuola superiore, sebbene non trattino milioni di dati, sono comunque tenuti a nominare un DPO per il solo fatto di essere enti pubblici.
2. Monitoraggio regolare e sistematico su larga scala
Il “monitoraggio sistematico” si riferisce a operazioni ripetute, continue o ricorrenti, come:
- Analisi del comportamento online
- Profilazione degli utenti
- Tracciamento tramite cookie, newsletter, CRM, programmi fedeltà
Esempio: un sito eCommerce che profila le abitudini d’acquisto di 10.000 clienti al mese per inviare offerte personalizzate rientra chiaramente in questo obbligo.
3. Trattamento su larga scala di categorie particolari di dati
Parliamo di dati sensibili ai sensi del GDPR: salute, orientamento sessuale, convinzioni religiose, appartenenza sindacale, dati biometrici, giudiziari, ecc.
Esempio: una clinica privata, un laboratorio analisi, una compagnia assicurativa sanitaria o una piattaforma HR che gestisce dati su patologie o assenze per malattia.
Cosa succede se non nomini il DPO quando dovresti?
La mancata nomina del DPO può comportare conseguenze rilevanti, incluse sanzioni per mancata nomina del DPO che, secondo l’art. 83 del GDPR, possono arrivare fino a 10 milioni di euro o al 2% del fatturato globale annuo.
Puoi essere oggetto di ispezione da parte del Garante e l’assenza della nomina è considerata una violazione sia formale che sostanziale.
In caso di data breach o reclami, la mancanza del DPO rende più difficile dimostrare l’accountability dell’organizzazione e la corretta gestione della privacy.
Attenzione: la nomina non è un mero adempimento burocratico.
È fondamentale sapere come scegliere il DPO: una figura competente, indipendente e supportata da risorse adeguate.
Il ruolo del DPO in azienda è quello di affiancare, vigilare e consigliare, garantendo che i trattamenti avvengano nel rispetto del GDPR e senza conflitti di interesse.
DPO, consulente privacy, legale interno: le differenze
La confusione tra DPO e altre figure professionali è ancora molto diffusa. Ma capire la differenza è fondamentale per evitare conflitti di interesse e responsabilità mal distribuite.
DPO
- Figura indipendente
- Funzione di vigilanza, consulenza, collegamento con l’Autorità
- Non prende decisioni operative
Consulente privacy
- Supporto operativo (es. redazione policy, registri, audit)
- Non obbligatoriamente indipendente
- Non coperto dall’art. 37-39 GDPR
Legale interno o IT manager
- Figure chiave, ma non possono essere DPO se decidono finalità o mezzi del trattamento
- Posizione di conflitto di interessi
Il DPO non può coincidere con chi gestisce o decide come trattare i dati. La sua indipendenza è centrale per la sua legittimità.
Perché nominare un DPO anche quando non è obbligatorio
Molte organizzazioni scelgono di nominare un DPO anche senza obbligo. In molti settori, è considerata una best practice.

I principali vantaggi della nomina (anche volontaria) del DPO
- Rafforza la governance: migliora la trasparenza interna, la documentazione e la struttura organizzativa.
- Prevenzione proattiva: consente di identificare e gestire i rischi prima che si trasformino in violazioni o reclami.
- Crescita consapevole: il DPO supporta l’azienda nei cambiamenti (nuove sedi, tecnologie, clienti), garantendo continuità normativa.
- Maggiore fiducia e reputazione: trasmette serietà e attenzione, sia verso clienti e dipendenti, sia verso partner e stakeholder istituzionali.
- La nomina di un DPO esterno: dimostra trasparenza e indipendenza, particolarmente apprezzata in settori regolamentati o esposti (sanità, finanza, tech, PA).
- Migliore preparazione in caso di data breach o ispezioni: grazie alla supervisione continua e alla prontezza operativa.
- Maggiore efficienza nella gestione della privacy: semplifica i processi legati a consensi, diritti degli interessati, DPIA, formazione.
- Benefici concreti in bandi e certificazioni: la presenza di un DPO può essere requisito preferenziale o elemento premiante.
Conclusione
Il DPO non è un’etichetta né una formalità. È una figura strategica, che tutela i dati, supporta l’organizzazione e dialoga con utenti e Autorità.
Sapere quando è obbligatorio e quando è utile nominarlo — e scegliere la persona giusta — fa la differenza tra una gestione burocratica della privacy e una vera cultura della protezione dei dati.
Domande frequenti sul DPO
Chi è il DPO secondo il GDPR?
Il DPO (Data Protection Officer) è il Responsabile della Protezione dei Dati. È una figura prevista dagli articoli 37-39 del GDPR, con funzioni di vigilanza, consulenza e collegamento con l’Autorità Garante.
Quando è obbligatorio nominare un DPO?
La nomina è obbligatoria per:
- Enti pubblici e PA
- Organizzazioni che effettuano monitoraggio sistematico su larga scala
- Chi tratta dati sensibili su larga scala
Cosa succede se non nomino un DPO quando dovrei?
Si rischiano sanzioni fino a 10 milioni di euro o al 2% del fatturato annuo globale, oltre a ispezioni e difficoltà nel dimostrare l’accountability.
Il DPO può essere un dipendente interno?
Sì, ma solo se è indipendente e non coinvolto nelle decisioni sui trattamenti. Non può coincidere con chi definisce finalità o mezzi del trattamento.
Conviene nominare un DPO anche se non è obbligatorio?
Sì. In molti settori è considerata una best practice. Aiuta a prevenire rischi, rafforzare la governance e migliorare la fiducia di clienti e stakeholder.
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